Cronaca

L’importanza dell’istruzione in Italia

La povertà “educativa’’ impatta moltissimo sulla popolazione, sulle scelte di vita individuali e soprattutto sulla discrepanza tra il nord e il sud del paese

L’istruzione è stata definita come la chiave per conoscere e costruire la propria identità e il proprio futuro, ed è un diritto sancito nella Carta dei diritti dei bambini (CRC – Convention on the Rights of the Child).  L’Italia rispetto ad altri Paesi,  è uno dei principali, in cui l’istruzione ha un compito  chiave e fondamentale: l’istruzione  è regolata dal Ministero dell’istruzione e dal Ministero dell’università e della ricerca , con modi organizzativi e diversa  forma giuridica (scuole pubbliche, scuole paritarie, scuole private). La formazione professionale è gestita  invece dalle Regioni. L’obbligo scolastico dura 10 anni e riguarda la fascia di età compresa tra 6 e 16 anni.

Ad oggi, a livello territoriale esistono ancora delle ampie divergenze tra le aree del nostro paese. Due delle priorità del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono infatti la riduzione dei divari territoriali  tra Nord e Sud Italia e l’aumento delle opportunità per il futuro dei giovani.  In entrambi i casi, in Italia, ci sono ancora «divari rilevanti e persistenti», ha specificato di recente l’Istat: «Il Mezzogiorno è il territorio arretrato più esteso dell’area euro, che ha sofferto in modo accentuato la grande crisi del 2008 e, da ultimo, l’impatto della pandemia». Questi aspetti continuano ad avere una conseguenza anche sul livello d’istruzione del nostro paese; da un report annuale Istat, emergono alcuni dati sulla popolazione italiana, il principale indicatore di un Paese è la quota di popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario.

Stando ai dati pubblicati dall’Istat relativi al 2020, in Italia  il 26 % della popolazione tra i 25 e i 49 anni è laureato, mentre il 47% per cento si è fermato al diploma.  Il 28% della popolazione tra i 25 e i 49 anni nel Centro-Nord ha una laurea o un titolo di studio superiore e il 23% nel Mezzogiorno. Negli anni si è assistito ad un progressivo miglioramento del livello di istruzione delle persone tra i 25 e i 64 anni. Nel 2022, la percentuale di adulti poco istruiti è del 37,4%, con una parte di popolazione che è riuscita a conseguire al più il titolo di licenza media, prevalente nella componente maschile (40,1%) rispetto a quella femminile (34,8%). La situazione non migliora però, se volessimo iniziare a paragonare i dati con quelli degli altri Paesi Ue, basti pensare che in Italia l’incidenza della spesa pubblica in istruzione rappresenta il 4,1% del Pil, indicatore inferiore alla media degli altri Paesi Ue. Da un rapporto reso pubblico da Unimpresa  l’Italia spende per l’istruzione 8.514 euro per studente, il 15% in meno della media degli altri paesi europei (10.000 euro). Se si guarda alla spesa pubblica, il nostro Paese investe per la scuola e le università poco più dell’8% del budget statale a differenza del 9,9%  registrato nell’Unione europea. La nostra istruzione dovrebbe iniziare a risolvere  tre grandi problematiche: la dispersione scolastica, ovvero l’abbandono precoce degli studi, in Europa questo valore si attesta intorno al 10%, in Italia il 14,6%; il numero elevato di NEET (giovani inattivi sia dal punto di vista professionale che scolastico) si attesta intorno al 25% in Italia, contro quello europeo fermo al 14%; infine il mancato supporto di laboratori ed attività interattive agli insegnamenti teorici nelle scuole.

Redatto da Martina Hamdy.

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