Italia

Reddito di cittadinanza eliminato da novembre 2023

Il reddito di cittadinanza nasce come “supporto momentaneo” per le persone in cerca di un lavoro. Inizialmente, durante il governo dei Cinque Stelle, questo tipo di sostegno aveva l’obiettivo di migliorare la problematica tra domanda di lavoro e occupazione, con l’intento di aiutare le famiglie e le fasce più deboli.

Questa forma d’integrazione mirava all’eliminazione della disuguaglianza sociale e all’integrazione del reddito familiare, associato ad un percorso di reinserimento sia lavorativo che sociale. Il reddito di cittadinanza è entrato ufficialmente in vigore il 6 marzo 2019 ( DL 4/2019).

I requisiti inclusivi del reddito comprendevano la cittadinanza italiana o europea, la residenza in Italia da almeno 10 anni, un ISEE inferiore ai 9.360 € annui, un patrimonio immobiliare non superiore di 30.000 €, un patrimonio fiscale non superiore a 6000 € ed un reddito familiare inferiore a 6000 €.

Con il nuovo governo il reddito di cittadinanza ha subito un mutamento: per i soggetti occupabili la mensilità di luglio 2023 è stata l’ultima. Il reddito di cittadinanza, come riportato anche dalla pagina INPS, nel 2023 verrà riconosciuto per un periodo di sette mensilità.
Nello specifico, la legge ha ridotto il periodo di ricezione a sette mesi per tutte le persone aventi diritto che non abbiano minori, persone disabili o con età superiore ai 65 anni nel proprio nucleo familiare.
L’esclusione tiene conto solo del requisito di occupabilità delle persone in questione, ma non di tutte le situazioni di marginalizzazione sociale elencate dall’ansa rendono necessaria un’integrazione del reddito.
Coloro che avranno il reddito sospeso, potranno chiedere supporto alla formazione del lavoro dal primo settembre. Ci sarà l’obbligo, per il richiedente, dell’iscrizione alla piattaforma Siisl.
Questa decisione ha provocato forti critiche sia da parte dell’opposizione che da parte dei sindacati. La CGIL ha accusato l’esecutivo Meloni di aver scaricato sui comuni la responsabilità di occuparsi di tutte le famiglie che perderanno il reddito.
Daniela Barbaresi, responsabile delle politiche sociali e della sanità della Cgil, ha espresso così il suo punto di vista: “Il governo sta scaricando l’onere sui comuni, ma i comuni non ce la fanno, non hanno risorse e non hanno personale per permettere ai servizi sociali di prendere in carico le persone e di comunicare la presa in carico all’Inps. In più, mancano le procedure, mancano le circolari, manca l’attivazione del supporto alla formazione, che non partirà comunque prima di settembre”.

Giorgia Meloni, in conferenza stampa: «Fedeli ai nostri principi, tuteliamo chi non può lavorare, e aggiungiamo le donne in gravidanza, ma per gli altri viene abolito alla fine del 2023. Abbiamo preso questa decisione perché ci siamo dati un periodo transitorio per accompagnare le nostre scelte – ha aggiunto la premier – Io continuo a credere e nessuno mi toglie dalla testa questo obiettivo che bisogna arrivare alla togliere il reddito di cittadinanza per chi è in condizione di lavorare. Ovviamente si stracceranno le vesti, vedo forze politiche che già chiamano la piazza… Bene tutto, ma vorrei sapere, da chi ha pensato il Reddito di cittadinanza, se lo ha pensato come uno strumento con il quale dovesse occuparsi delle persone dai 18 ai 60 anni. C’è gente che lo prende da tre anni, quindi non ha funzionato come doveva. Lo Stato deve aiutare queste persone ad avere un posto di lavoro».

Dall’ultimo report Anpal emerge che su quasi 1,2 milioni di nuclei familiari che beneficiavano del reddito, 400.000 (il 33,6% circa) perderanno questo beneficio.

Martina Hamdy

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