Esteri
L’esercito del Pakistan è «pronto ad appoggiare il Kashmir» contro l’India
In un tweet il portavoce dei militari ha scritto: «ci spingeremo all'estremo»

All’indomani della revoca dello statuto speciale concesso al Kashmir, il Pakistan risponde di essere pronto ad agire. Il Comando Generale dell’Esercito pachistano si è riunito questa mattina per discutere la questione del Kashmir. In un tweet dal suo account ufficiale, il Generale Asif Ghafoor, portavoce dei militari, ha reso noto il pieno sostegno dell’esercito pachistano alla Regione, dopo le decisioni annunciate dall’India. «L’esercito pachistano ribadisce che appoggerà i kashmiri nella loro battaglia fino alla fine. Siamo pronti e ci spingeremo all’estremo per rispettare i nostri impegni a questo proposito».
CCC on Kashmir situation at GHQ. Forum fully supported Government’s rejection of Indian actions regarding Kashmir. Pakistan never recognised the sham Indian efforts to legalise its occupation of Jammu & Kashmir through article 370 or 35-A decades ago; …(1of2). pic.twitter.com/MlwNJTSDGa
— DG ISPR (@OfficialDGISPR) August 6, 2019
L’India, infatti, ieri ha deciso di revocare lo statuto speciale concesso allo stato del Jammu e Kashmir dalla Costituzione indiana dal 1947 con l’articolo 370. Il ministro degli interni Amith Shah ha letto al Parlamento l’ordine sottoscritto dal presidente indiano: il provvedimento cancella l’articolo 370, e divide in due il territorio separando l’area del Ladak che viene trasformata in una Unione Territoriale.
India e Pakistan amministrano solo parti del Kashmir e ne rivendicano la totalità del territorio. Tra i due Paesi il Kashmir è stato oggetto di due guerre.
La revoca dello statuto da parte dell’India è intesa a diluire la presenza musulmana, accelerando l’integrazione forzata del Kashmir. Questa azione introduce la possibilità di acquisti immobiliari ai non residenti, finora vietati, e cancella le tutele per i locali nell’amministrazione pubblica e nell’istruzione universitaria. Le autorità indiane hanno già lanciato operazioni di repressione, sospendendo i servizi telefonici e di Internet, e mettendo i leader locali agli arresti domiciliari.