Clima e Ambiente

I negoziati per scrivere il trattato globale sulla plastica procedono a rilento

Proseguono a rilento i negoziati per stilare il Trattato Globale sulla Plastica. L’accordo sul trattato, che dovrebbe essere giuridicamente vincolante, era stato trovato nella primavera del 2022 dalle Nazioni Unite: da allora si sono aperti i lavori per scriverne la bozza entro la fine del 2024.
Sulla carta dovremmo andare incontro a una svolta di portata storica, l’accordo più importante per l’ambiente dopo quello di Parigi. In pratica, però, le cose non stanno andando benissimo.

Si è chiuso con grande delusione, infatti, il terzo ciclo dei negoziati internazionali in cui si dovrebbe sviluppare il testo del trattato. Oltre 1.900 delegati hanno preso parte ai lavori, in rappresentanza di 161 membri, tra cui l’Unione Europea e oltre 318 organizzazioni di osservatori.

L’incontro di Nairobi avrebbe dovuto far avanzare il processo mettendo a punto la bozza di trattato e avviando discussioni su quali misure concrete dovrebbero contrastare l’inquinamento causato dalla plastica. Era un appuntamento particolarmente importante, perché ormai dovremmo essere a metà strada: dopo due precedenti round di negoziati, che si sono svolti nel novembre 2022 e nel giugno 2023, adesso sono previste solamente altre due sessioni nel 2024 prima della scadenza per la consegna della bozza.

I delegati hanno discusso la Zero Draft del presidente del Comitato negoziale intergovernativo sull’inquinamento da plastica, hanno compilato un testo per includere tutte le opinioni dei membri e indicato una via da seguire su questioni non ancora discusse. Il Comitato ha inoltre eletto due vicepresidenti e un nuovo presidente, l’ambasciatore Luis Valdivieso dell’Ecuador.

Di fatto, però, i dettagli del trattato non sono mai stati realmente affrontati, e i lavori sono stati decisamente rallentati dalle forti divergenze che vedono opporsi l’industria della plastica (strettamente legata a quella del petrolio), i governi e la società civile.
Gli ambientalisti chiedono un trattato ambizioso che imponga una riduzione drastica della produzione della plastica, con un taglio di almeno il 75 per cento entro il 2040. I paesi che producono petrolio e la lobby della plastica spingono invece per un accordo che punti soprattutto a incentivare il riciclo senza intaccare troppo la produzione di plastica “vergine”, che però è estremamente dannosa per l’ambiente e anche per il clima, dato che si basa sull’utilizzo dei combustibili fossili.

Secondo Graham Forbes, capo delegazione di Greenpeace ai negoziati che dal 13 al 19 novembre si sono tenuti nella sede dell’UNEP a Nairobi, in Kenya, «i nostri leader hanno scelto, nei fatti, di considerare le aziende petrolchimiche come gli unici portatori d’interesse degni di ascolto».

«Se vogliamo proteggere il nostro clima, la nostra biodiversità e la nostra salute, dobbiamo ridurre la produzione di plastica almeno del 75% entro il 2040 – avverte Forbes -: questo è indiscutibile, ma oltre la metà del tempo a disposizione per i negoziati è già trascorsa e stiamo procedendo verso il fallimento. I governi stanno permettendo agli interessi legati ai combustibili fossili di guidare i negoziati verso un trattato che, senza alcun dubbio, aggraverà la crisi climatica e accelererà un cambiamento climatico incontrollato».

Intanto, quella della plastica rappresenta già un’emergenza globale, sia per l’ambiente che per la nostra salute. Al momento, il 90% della plastica non viene riciclata e la maggior parte viene abbandonata in natura o bruciata in modo improprio. Rifiuti di varie dimensioni si ritrovano perfino sui fondali più remoti degli oceani e sulle cime delle montagne più alte del pianeta, mentre le microplastiche sono state individuate nel sangue umano, nel latte materno e addirittura nelle nuvole.

«Dobbiamo trovare una soluzione senza consentire ai produttori di petrolio e gas di dettare i termini della nostra sopravvivenza», prosegue Forbes. «Abbiamo un anno per invertire questa tendenza e assicurarci di celebrare il nostro successo collettivo, anziché condannarci a un futuro oscuro e pericoloso».

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